18 aprile 2016
Misericordia, amore viscerale, è la condizione di Dio, in quanto giudice benigno e soccorritore degli uomini.
Questa però non è scontata e questa sera mons. Matteo Zuppi ce lo ha ricordato bene.
È bene non appagarsi della Giustizia sola e cieca, la Giustizia senza Misericordia non è Giustizia vera.
L’Arcivescovo Metropolita ha ripreso le parole del Santo Padre Francesco nella sua Udienza Generale dello scorso 3 febbraio in cui il Romano Pontefice ha affermato che la Sacra Scrittura ci presenta Dio come misericordia infinita, ma anche come giustizia perfetta.
Ma allora ci si chiede: come conciliare le due cose? Come si articola la realtà della misericordia con le esigenze della giustizia? Potrebbe sembrare che siano due realtà che si contraddicono; in realtà non è così, perché è proprio la misericordia di Dio che porta a compimento la vera giustizia. Ma di quale giustizia si tratta?
Risulta essere un nuovo modo di fare giustizia, non nuovo in quanto novità, ma perché da riscoprire in pieno: la Bibbia ci presenta come strada maestra da percorrere quella della pratica di una vera giustizia misericordiosa.
Certamente siamo davanti a un procedimento che non si risparmia il ricorrere alle aule dei palazzi di giustizia e ai cavilli legali, ma è una giustizia –quella di Dio- che prevede che la vittima stessa si rivolga al colpevole per invitarlo a una conversione, un percorso di presa di coscienza e di cambiamento che lo aiuti a capire scientemente che ha praticato il male, e che è chiamato a non praticarlo più.
Solo in tal modo, finalmente ravveduto e riconoscendo il proprio torto, egli può aprirsi al perdono che la parte lesa gli sta offrendo. Si pensi al figliol prodigo che ottiene il perdono del padre. Si pensi, al contrario alla nostra chiusura verso tutto ciò che è diverso da noi: il profugo, il clandestino, l’immigrato, lo straniero, concepiti da molti come un nemico da combattere e contro il quale ergere un muro.
Il Papa e dietro la sua scia mons. Matteo Zuppi afferma che l’ergere un muro è una azione disonesta, non misericordiosa.
Il bello della pratica di una giustizia misericordiosa, una giustizia dolce come una madre e severa come un padre, è che a seguito della persuasione di ciò che è male, il cuore si apre al perdono, che gli viene offerto. È questo il modo di risolvere i contrasti all’interno delle famiglie, nella società e anche nel contesto del dibattito politico –aggiungo io-, dove ci si ascolta, nel discernimento comunitario praticato per arrivare a una sintesi più alta, che non colga solo la mia prospettiva egoistica, o quella altrettanto personalistica dell’altro, ma che sia una giusta benevola sintesi: per un bene comune, quello della comunità. Dovremmo imparare a praticare tutto questo nelle nostre case, nei nostri tribunali ma anche e soprattutto nelle aule dove è gestita la cosa pubblica, bene di tutti, bene di ogni uomo.
Nicolas Vacchi
Consigliere Comunale Città di Imola.
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